Collettivo Teatro Folk
 

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Dal 1974 al 1982 la produzione musicale è molto vicino alle lotte operaie, centinaia di concerti: all’interno dello stabilimento con i seicento licenziati della Marzotto, al C.U.C. di Cava de’ Tirreni con Giuliana De Sio a fianco agli operai della Pennytalia,della Casarsa,della Pisapia, 

              

con i lavoratori stagionali conservieri, con il COONOR Campano,

                        

                             

con i minatori e gli emigrati, 

              

              

vicino al movimento studentesco, al mondo contadino e anche a fatti calamitosi come il devastante terremoto dell’80:

                   

                   

Mercato del lavoro, A nucera a San Marzano,’O padrone mie è ‘nu lione, Figliule ca ‘nce jate a la Madonna, La ballata dell’emigrante,Verde auliva, Chesta matina, La Rabata, Persano, Monaca rossa, La ballata dei figli di Novembre, Il Drago (brano strumentale, sigla di apertura e chiusura de’ “I discorsi e la farina”, quattro puntate in prima serata su Rai Uno) ecc. ma nascono anche importanti elaborazioni di temi popolari come: La canzone di Cecilia,Votte carrése, E tu vaje a velegnà, Ncoppe la montagnella, Lli rrose ca si fatte a mazze ‘a mazze,’Mmiezze a la chiazza re Putenza, Lu fattucchiaru, ecc. “ Dalle parole e dalla musica di Basile (Collettivo Teatro Folk), “Figliule ca ‘nce jate a la Maronne”, “La ballata dell’emigrante”, “Monaca rossa”, “O padrone mie è nu lione”, “Persano”, “Verde auliva”, “Mercato del lavoro”ecc., riaffiora graffiante e rabbiosa la voglia di spezzare la condanna allo sfruttamento della gente del Sud “ (Fabrizio Feo, giornalista Rai, “L’Unità” del 3,Aprile 1979). (Chiedi il catalogo CTF Opere Complete presso il centro studi “Collettivo Teatro Folk-Zed) Edizioni Musicali “Baia Verde”- Zeus Record Napoli.

Alla fine degli anni 80 e l’inizio degli anni 90 nasce una proficua collaborazione con il “Gruppo Mediterraneo”. 

         

E’ il periodo di imponenti manifestazioni per raccogliere fondi per “La ricerca sul cancro”, per le comunità terapeutiche per tossicodipendenti (“Droga è emarginazione” La Tenda, ”La locanda del gigante” con il sociologo Carlo Petrella, leggi “Il Mattino” del 01.03.1990).Con il GM accanto agli strumenti della tradizione si riscontra anche un uso eccessivo dell’elettronica, molto più vicino alle sonorità del primo Pino Daniele anziché a quelle del C.T.F. per cui diventa difficile proporre un repertorio che racchiudesse gli stilemi, ma anche le problematiche del mondo operaio e contadino, dell’emigrazione interna e transoceanica, del movimento studentesco, della musica popolare sempre più urbanizzata fino al bigotto Folk Music Revival o la sterile museizzazione della N.C.C.P degli anni 70 (penso che ai ragazzi sia sfuggito questo passaggio), ma la tecnica di composizione dei testi e delle musiche è la stessa. Importanti brani come “Gli alberi del Sud”, 

    

da “MADRE TERRA”Collettivo Teatro Folk (1979), vengono riarrangiati. In questo periodo oltre a “Gli alberi del Sud”, vengono proposti brani di rilevante interesse politico-sociale-etnico come Mandela, Sera ‘nce jette a l’acqua, Vuje ca sentite ‘sta voce cantà, Zi monaco cercatore, Vule Ddie e lao, Mercato delle braccia, Quanta gente è sola al mondo,Vu cumprà, Black woman please, La statale dell’amore, Hei Giò vedrai che ce la farai,ecc. che alla fine degli anni 70 furono catalogati come  I canti della valle dell’Orco”, alcuni dei quali, pur non essendo brani della tradizione, furono inseriti nel libro “Canti popolari giffonesi” G.Basile. Dopo una lettura più attenta della produzione del CTF degli anni 70 e 80 e quella degli anni 80 e 90, in collaborazione con il G.M. e gli allora giovanissimi ZED, viene fuori qualcosa davvero interessante: il ritmo tribale di “Mercato del lavoro”, la raffinata melodia di “Verde auliva”, le intriganti armonie e gli intrecci corali di “Sera ‘nce jette a l’acqua”, la cruda denuncia de “Gli alberi del Sud”, a chi sà capire, aprono una nuova via alla conoscenza musicale.

                                           Carmagnola, il ballo selvaggio

"Nel corso dell'Ottocento, ad opera di alcuni ricercatori, prende vita lo studio della musica popolare. L'area geografica esaminata è il Sud dell’Europa e l'oggetto di studio viene individuato in base al principio della stratificazione sociale: la musica composta ed eseguita per l'aristocrazia, la Chiesa e la borghesia è "arte", indipendentemente dall'intrinseco valore estetico, e viene studiata dalla musicologia storica; la musica composta ed eseguita da e per le altre classi sociali (il mondo contadino,operaio ecc.) è folclore musicale e si differenzia dalla musica d'arte anche per il ruolo predominante dell'oralità nella sua trasmissione". I principali obiettivi del Collettivo Teatro Folk, in riferimento al suddetto increscioso problema, sono la documentazione, la trascrizione, la conservazione dei repertori, insieme allo studio filologico (con particolare attenzione ai canti) per proporre, una volta entrato in sintonia con il linguaggio del mondo popolare, situazioni di lotta, emarginazione, ingiustizie sociali, emigrazione, extracomunitari,  disagio giovanile, occupazione, le inutili guerre e perché no, situazioni di raffinata eleganza popolare come “ Sera ‘nce jette a l’acqua “.

     1.   Registrazione;

2.   Trascrizione, con criteri fedeli;

3.   Analisi del contesto: è indispensabile perché la musica è funzionale alle situazioni collettive. È un approccio antropologico, nel senso che si studia la cultura dall’interno;

4.   Analisi del testo: consiste nell’individuare le “logiche di variazione” nel testo di un canto;

5.   Analisi melodica di un brano: cioè lo studio della melodia, delle scale e del ritmo del canto, nonché nello studio del rapporto tra musica e testo;

6.   Proposta operativa originale del C.T.F. utilizzando gli stilemi tipici della tradizione.

                        Suonatori di vihuela

"Lo sviluppo dell'etnomusicologia ha favorito uno studio approfondito, da parte dei ricercatori, relativo alla musica popolare presso le antiche civiltà mediterranee e asiatiche. L'orientamento generale è stato quello di ritenere che, in origine, le scale impiegate fossero scale pentatoniche e che, solo in un secondo momento, si sarebbe giunti a scale eptatoniche (cioè con 7 suoni)". In questa direzione il Collettivo Teatro Folk, dopo l’esperienza di Ernesto De Martino ”La fine del mondo,contributo all’analisi delle apocalissi culturali”, ”Sud e magia” Ediz.Einaudi, Roberto De Simone ”Canti e tradizioni popolari in Campania” Ediz.Lato Side, Alberto Mario Cirese “Oggetti,segni,musei,sulle tradizioni contadine” Ediz.Einaudi, Rocco Scotellaro “L’uva puttanella”, ”Contadini del Sud” Ediz.Laterza, Franco Molfese “Storia del brigantaggio” Ediz.Feltrinelli, Emilio Sereni “Terra nova e buoi rossi”, ”Il Capitalismo nelle campagne” Ediz.Einaudi, Hanns Eisler  “Musica della rivoluzione” Ediz.Feltrinelli, comincia dalla metà degli anni 70 una estenuante ricerca ad opera di Peppe Basile nell’entroterra campano, basso e alto Cilento, S.Mauro la Bruca (grazie al dott. Prisco Romano, allora sindaco di S.Mauro), Futani, Montano Antilia, Moio Civitella (grazie all’editore Giuseppe Galzerano, curatore dell’Istituto di storia Cilentana, mi accompagnava di persona a casa degli informatori), Giffoni Valle Piana (grazie a Gerardo Vassallo, Giuseppe Delle Donne, Maria Rita Lembo, Linuccia Di Mauro, Adele Vassallo, Speranza Matondi e tanti altri ragazzi della scuola che con il preside D.Basile e i responsabili del Giffoni Festival permisero la pubblicazione del libro “I canti popolari giffonesi”, di cui ho perso completamente le tracce). Siano, zona interna dell’Agro-Nocerino-Sarnese,inserito nel PARCO LETTERARIO Cunto de li cunti

    

è la zona di provenienza del Collettivo Teatro Folk. Qui la ricerca è stata  fruttuosa più che nelle altre zone e data la grande disponibilità dei “paesani” verso il CTF, è stato possibile catalogare i canti per categorie lavorative: contadini, segantini, maste ‘e piezze, artigiani, carbonai, maste ‘e catuozze ecc.C’è da sottolineare che non esiste, come per il Cilento o l’interland avellinese-napoletano,una musica popolare strumentale,tranne alcune eccezioni di tarante per organetto, ma si tratta di brani importati da gente che lavorava fuori ( ‘a lauriola, ‘a celentana ecc.). Un altro particolare degno di rilievo è che i canti,sovente “malismatici”, hanno sempre una grande coralità, sia in risposta al melisma, sia che vengono eseguiti come coro misto(monodico o polifonico) e sono quasi sempre in tonalità maggiore, questo è in rapporto alla categoria lavorativa (“alla cerasàre, “alla zappatore”, “alla carrettiere” ecc.). Una ricerca sul campo in una zona così ampia,dall’entroterra campano fino alla Basilicata e alla Calabria,  durata circa trent’anni e che qualche cialtrone, ”senza sape’ addistinguere la lattuca nuvella da ll’èvera ca serve p’annètterse lu culo”,  ha definito “pionieristica” e senza aver mai fatto nessuna ricerca, neppure la più piccola, prendendo alla rinfusa canti di lotta, di lavoro o elaborazioni tradizionali dai L.P. del CTF, presenta progetti presso qualche pubblica amministrazione ignara,coinvolgendo anche qualche buon musicista inconsapevole di operare con dei millantatori.

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